A Gerusalemme con il desiderio di servire

gerusalemme vista croce«Torno a Gerusalemme con il desiderio di servire innanzitutto il clero locale e tutta la comunità, chiedendo a tutti comprensione, amicizia e collaborazione». È quanto ha scritto monsignor Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico del Patriarcato di Gerusalemme dei Latini, nel suo messaggio alla diocesi dopo aver appreso la notizia della nomina. Il presule, che ha deciso di avere come motto: «Ti basta la mia grazia» (2 Corinzi, 12, 9), in un’intervista a «terrasanta.net» ha spiegato la ragione di questa scelta.
«Nel giorno in cui mi fu comunicata la decisione del Santo Padre — ha detto il presule — quest’espressione è stata anche il riferimento biblico dal quale si è partiti. È dunque questo il motivo della scelta: avere coscienza che la nostra missione altro non è che testimoniare la grazia che per primi ci ha toccato e da questa continuamente ripartire. La Terra santa è crocevia di difficoltà e divisioni di ogni genere: tra le Chiese, tra le fedi monoteiste e tra i popoli che la abitano. Le difficoltà appaiono sempre enormi e insormontabili. In tale contesto, la Chiesa apparentemente sembra schiacciata da queste situazioni». «Ebbene, in queste circostanze — ha aggiunto — la Parola di Dio ci ricorda che solo alla grazia dobbiamo affidarci e a nient’altro. La Chiesa di Terra santa non ha mezzi e non ha potere. Ha solo Cristo e la sua grazia». Forte di questa certezza, il presule sottolinea che «tra i punti di forza» della diocesi «vi sono il radicamento locale, un clero giovane, una presenza capillare sul territorio con tante iniziative pastorali ed educative di vario genere, un forte spirito di comunità. Bisogna crescere nella consapevolezza delle nuove sfide pastorali ed educative», come l’arrivo di nuovi cristiani provenienti dall’estero, le nuove legislazioni sulle scuole, la multiforme presenza religiosa, una nuova forma di dialogo interreligioso. «Ho sottolineato nel mio messaggio alla diocesi la necessità di incontrarci e di accoglierci gli uni con gli altri, costruendo strade e ponti e non muri: tra noi e il Signore, tra vescovi e preti, tra preti e laici, tra noi e i fratelli delle diverse Chiese, tra noi e i fratelli e amici ebrei e musulmani, tra noi e i poveri, tra noi e quanti hanno bisogno di misericordia e di speranza. Solo così potremo rispondere pienamente alla speciale vocazione universale della Chiesa di Gerusalemme, Chiesa dei luoghi santi». Poi, il presule rivolgendo un pensiero ai giovani, ha ricordato che «sono loro il futuro della nostra Chiesa e a loro guardo con speranza e con fiducia». Molti di loro, infatti, sono impegnati nelle attività del patriarcato che, attraverso la Caritas, sta facendo tutto il possibile per offrire accoglienza, sostegno psicologico, progetti di inserimento sociale. «Non siamo però in grado da soli di far fronte alla situazione di milioni di rifugiati. Possiamo essere una piccola oasi di serenità per migliaia di persone abbandonate». Infine, monsignor Pizzaballa ricorda quanto sia fondamentale il sostegno della Chiesa alla Terra santa. «La colletta del Venerdì santo resta fondamentale. Ma bisogna lavorare molto sulla comunicazione. Se non si conosce, non si può nemmeno esprimere la propria solidarietà. Attraverso le comunicazioni ecclesiali è importante fare conoscere le croci e, insieme, la bellezza di questa Chiesa. E quando parlo di Chiesa, intendo la Chiesa cattolica nella sua interezza, non mi riferisco solo a quella di rito latino. Non dimentichiamo — ha concluso — che le nostre comunità cattoliche hanno un’unica confessione, quella di Pietro, pur con riti e tradizioni diverse. È un segno della storia particolarmente ricca e anche sofferta di questa Chiesa».

© Osservatore Romano - 11 settembre 2016