Il vicario patriarcale di Gerusalemme sui pellegrinaggi in Terra santa

pellegrinaggio terra santaGERUSALEMME, 30. «Il pellegrinaggio è un mezzo della nuova evangelizzazione, perché attraverso il viaggio nei luoghi sacri e sulle orme di Cristo è possibile una rinascita della fede. Chi lo compie scopre di aver ricevuto una chiamata da Dio, una vocazione, una mozione dello Spirito che diventa oggi essenziale per l’Europa e l’Occidente in generale, in cui è in atto una crisi profonda del cristianesimo e della religione».
Sono parole di monsignor Giacinto-Boulos Marcuzzo, vicario patriarcale di Gerusalemme, secondo il quale il pellegrinaggio racchiude «il senso teologico della Bibbia, condiviso anche da musulmani ed ebrei. Esso è una “rinascita” e una “riscop erta” delle proprie origini, per capire i luoghi in cui siamo nati alla fede. Molti pellegrini — ha spiegato il presule — ci dicono che il viaggio li ha cambiati, li ha aiutati a vedere la vita sotto l’aspetto biblico. Il pellegrinaggio, infatti, è anche fonte di vocazioni, parte della riscoperta della fede e della chiamata a Dio». Tuttavia, questo percorso «ha bisogno di un accompagnatore. I pellegrinaggi — sottolinea monsignor Marcuzzo — sono costruttivi se sono ben preparati fin dall’inizio e se hanno un seguito, e se vi sono occasioni, anche guidate, per riflettere sull’esperienza vissuta». I pellegrinaggi, oltre che un cammino di ricerca e scoperta, sono anche una risorsa essenziale per le popolazioni cristiane di Terra santa. Secondo recenti statistiche, infatti, almeno il 30 per cento della locale comunità — a Gerusalemme e a Betlemme — vive e opera nell’industria del turismo religioso. Il calo nei pellegrinaggi registrato negli ultimi anni produce contraccolpi gravissimi anche all’economia e alla sopravvivenza dei cristiani della zona. «Quando vi è crisi di pellegrinaggi — ha dichiarato ad AsiaNews, Sobhy Makhoul, cancelliere del patriarcato maronita a Gerusalemme — almeno il 30 per cento delle persone rischia di perdere il posto di lavoro e dunque, direttamente o indirettamente, è costretto a emigrare altrove per trovare un’altra occupazione». E quest’anno si è registrato il 70 per cento in meno dei visitatori rispetto agli anni passati. A oggi, il 2016 è stato un anno abbastanza critico dal punto di vista del turismo religioso, e sono molteplici i fattori che lo hanno determinato: la questione sicurezza, gli attentati, l’economia che annaspa e la crisi religiosa, che colpisce soprattutto l’Europa. «Il trend resta abbastanza ridotto — conferma il vicario patriarcale di Gerusalemme — e proprio questi giorni, considerati per tradizione i migliori dell’anno per un viaggio in Terra santa, confermano la crisi. Certo, vi è una piccola ripresa, ma il dato è di gran lunga distante rispetto ai ritmi degli anni scorsi». Secondo monsignor Marcuzzo, in Europa «non si crede più ai pellegrinaggi. Al massimo si compie un bel viaggio a sfondo religioso. Ma così si viene a perdere il significato vero e più profondo». Pratica condivisa anche da ebrei e musulmani, «il pellegrinaggio — sostiene il presule — è un percorso che conduce nei luoghi in cui siamo nati alla fede, ed è una riscoperta della comunità di origine, perché qui vi sono gli eredi diretti che portano una memoria collettiva e vivente di Gesù». Alla crisi dei pellegrini dall’Europa — fatta eccezione per la Polonia, dove il numero sembra tenere — risponde la crescita significativa fra i fedeli del continente asiatico: filippini, giapponesi, coreani, ma anche cinesi e vietnamiti. «In particolare, per i fedeli cinesi — p ro s e - gue il vicario patriarcale di Gerusalemme — il percorso di riscoperta diventa ancora più forte e intenso. Per loro tutto è nuovo, a differenza del cittadino europeo che è più abituato alle narrazioni e agli ambienti descritti nella Bibbia. Per il cinese e il vietnamita è una vera scoperta, con un atteggiamento di ringraziamento: nei loro volti si legge lo stupore della fede, dell’elemento dell’incarnazione. Qui il pellegrino orientale — conclude monsignor Marcuzzo — scopre l’elemento umano che è nel divino e il divino che entra nell’essere umano. E questo suscita interrogativi, ripensamenti, meraviglia».

© Osservatore Romano - 1 ottobre 2016