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Principi ortodossi

chiesa del monastero di latrun circondato da fiori e alberi israeleda Chania HYACINTHE DESTIVELLE

La questione del matrimonio è stata og- getto dei dibattiti del Santo e grande concilio della Chiesa ortodossa il 23 e il 24 giugno scorsi. Figurava all’ordine del giorno del concilio fin dal 1961 con il ti- tolo Impedimenti al matrimonio .

All’epoca si trattava di stabilire le stesse regole nell’insieme della Chiesa ortodossa. Di fatto, la proibizione dei matrimoni misti è diventata un problema particolarmente importante per l’ortodossia contempora- nea, poiché molti fedeli ortodossi non vi- vono più in contesti confessionali omoge- nei, ovviamente nella diaspora, ma anche in Medio oriente, dove la convivenza tra cristiani è stretta, soprattutto in ambito urbano. La questione è apparsa sufficien- temente importante da figurare al secon- do posto dell’ordine del giorno del con- cilio fissato nel 1976. Poco a poco la por- tata del documento è stata ampliata per presentare la visione ortodossa del matri- monio. È dunque con il titolo Il sacra- mento del matrimonio e i suoi impedimenti che il documento è stato inserito nell’or- dine del giorno del concilio dalla sinassi dei primati del gennaio 2016. La prima parte del documento, intito- lata Il matrimonio ortodosso , presenta i principi ortodossi sul matrimonio. Dopo aver dichiarato che «l’istituzione della fa- miglia è oggi minacciata dal fenomeno della secolarizzazione e anche dal relati- vismo morale», il testo ricorda che la condizione indispensabile al matrimonio è «l’unione liberamente accettata tra un uomo e una donna». Aggiunge poi un’altra condizione preliminare al matri- monio cristiano: «La fede in Gesù Cri- sto, una fede che lo sposo e la sposa (l’uomo e la donna) devono condivide- re». Facendo riferimento ad Adamo ed Eva, poi alle nozze di Cana, il documen- to sottolinea che «il mistero dell’unione indissolubile tra un uomo e una donna è l’immagine dell’unione tra Cristo e la Chiesa (cfr. Efesini , 5, 32)». Il matrimo- nio cristiano è dunque «una piccola chie- sa o un’immagine della Chiesa», la cui unità è fondata sull’«unità in Cristo, af- finché, mediante la benedizione dell’amore coniugale attraverso lo Spirito Santo, la coppia possa riflettere l’a m o re tra Cristo e la sua Chiesa». Affermando che «il matrimonio è il cuore della famiglia e la famiglia giustifi- ca il matrimonio», il documento denun- cia «la pressione esercitata oggi nella so- cietà per far riconoscere nuove forme di convivenza, [la quale] costituisce una reale minaccia per i cristiani ortodossi». Ricorda in particolare che «la Chiesa non accetta per i suoi membri contratti di convivenza tra persone dello stesso sesso o di sesso diverso, e d’altronde nes- sun’altra forma di convivenza oltre al matrimonio». Quanto al matrimonio civi- le, esso costituisce «un semplice atto giu- ridico di convivenza convalidato dallo Stato, diverso dal matrimonio benedetto da Dio e dalla sua Chiesa». I cristiani che contraggono tale matrimonio devono dunque «essere trattati con la dovuta re- sponsabilità pastorale per far capire loro il valore del sacramento del matrimonio e le benedizioni che ne derivano». L’enciclica del concilio completa questi principi ricordando le dimensioni asceti- che ed escatologiche del matrimonio. Lo fa rammentando opportunamente il rito orientale molto suggestivo dell’i n c o ro n a - zione: «Le corone poste sulle teste degli sposi durante la celebrazione del sacra- mento fanno riferimento al sacrificio e al- la dedizione a Dio e a quella degli sposi tra loro. Suggeriscono anche la vita del Regno di Dio, mostrando il riferimento escatologico del mistero dell’a m o re » . La seconda parte del documento af- fronta gli impedimenti al matrimonio. I primi riguardano i diversi tipi di parente- la per consanguineità, affinità e adozio- ne. I secondi riguardano l’esistenza di un matrimonio «che non è irrevocabilmente sciolto o annullato», o di un «terzo ma- trimonio preesistente». Essendo stato il matrimonio definito sopra come «indis- solubile», sarebbe stato interessante se il documento avesse dato una spiegazione teologica, canonica e pastorale dello scioglimento a cui fa riferimento. Il terzo e il quarto caso di impedimento riguar- dano l’esistenza di un impegno monasti- co o di un’ordinazione sacerdotale già ri- cevuta, anche se «il sacerdozio di per sé non costituisce un impedimento al matri- monio». Il documento, infine, dichiara che «il matrimonio tra ortodossi e non ortodossi è proibito secondo l’ akribìa canonica», facendo riferimento al canone 72 del con- cilio Quinisesto in Trullo. La questione dei matrimoni misti è stata la più dibat- tuta prima e durante il concilio. La boz- za preconciliare stabiliva che un simile matrimonio poteva tuttavia essere cele- brato «per condiscendenza e amore da parte dell’uomo, purché i figli nati da ta- le matrimonio siano battezzati ed educati nella Chiesa ortodossa». Questa frase è stata criticata da alcune Chiese, soprat- tutto dalla Chiesa di Georgia che ne ha chiesto la cancellazione, ritenendo che nessuna disposizione di un concilio ecu- menico poteva essere modificata. Di fat- to, il Santo e grande concilio ha elimina- to questa possibilità generale nel docu- mento finale, preferendo combinare il rinvio all’acribia canonica con la possibi- lità dell’economia decisa localmente: «È importante che la possibilità di applicare l’economia ecclesiale riguardante gli im- pedimenti al matrimonio sia decisa dal santo sinodo di ogni Chiesa ortodossa autocefala, conformemente ai principi dei santi canoni e in uno spirito di discerni- mento pastorale in vista della salvezza dell’uomo». Questa disposizione sembra anche applicarsi alla linea seguente che concerne il matrimonio tra ortodossi e non cristiani, «assolutamente proibiti se- condo l’ akribìa canonica ». L’obiettivo iniziale del concilio, che era di unificare le diverse pratiche eccle- siali in materia, non è stato quindi rag- giunto del tutto, ma è stata una scelta saggia aver lasciato alle Chiese locali il compito di trovare da sole le forme di applicazione del principio di economia per i matrimoni misti. Questo rimando alle Chiese locali nell’applicazione del principio di economia si ritrova anche nel documento conciliare sul digiuno. In materia di matrimoni misti, le Chiese lo- cali in effetti operano in contesti sociali e confessionali molto diversi. Per esempio la Georgia è alquanto omogenea dal punto di vista confessionale e i suoi abi- tanti emigrano poco, mentre i fedeli della Chiesa di Antiochia si trovano in una si- tuazione di minoranza o di diaspora. Non è d’altronde un caso se queste due Chiese — per motivi tra l’altro molto di- versi — non hanno firmato il documento preconciliare durante la sinassi dei pri- mati di gennaio 2016. I matrimoni misti tra ortodossi e catto- lici, come pure il battesimo dei bambini nati da tali matrimoni, sono già stati og- getto di diversi accordi locali, che differi- scono a seconda del contesto. Si può, per esempio, citare l’accordo del 1971 tra i vescovi cattolici e ortodossi degli Stati Uniti o quello che i patriarchi cattolici e ortodossi del Medio oriente hanno firma- to a Charfeh (Libano) nel 1996, dove hanno stabilito che i matrimoni misti si sarebbero celebrati nella Chiesa dello sposo e che i figli nati da tali matrimoni sarebbero stati battezzati nella Chiesa del padre. Si può sperare che la decisione del Santo e grande concilio di incaricare le Chiese locali di trovare da sole le for- me di applicazione del principio di eco- nomia ai matrimoni misti incoraggi la conclusione di altri accordi locali.