«Andava tutto così bene. Finirà malissimo»

muratovRiprendiamo l’intervista di K. Gordeeva al direttore di «Novaja gazeta» Dmitrij Muratov. La guerra contro l’informazione libera in Russia sembra conclusa con la scomparsa del suo giornale. Ma il coraggio di anni e le vite sacrificate non possono naufragare così. Un dialogo poco consolante, ma neppure rinunciatario…

La chiusura di «Novaja gazeta», dopo anni in cui in Russia si continuano a chiudere giornali, siti, radio, tivù, ha il significato dell’ultima spiaggia oltre la quale non c’è più niente da salvare. Il deserto dell’informazione russa ormai si è fatto totale. Con lo scoppio della guerra ucraina il Roskomnadzor, l’organo di controllo delle comunicazioni, ha fatto fuori nel giro di un mese quel che restava dei mass media indipendenti: radio Echo Moskvy (3 marzo), la tivù Rain (4 marzo) e «Novaja gazeta» il 28 marzo. Non è bastato al direttore Dmitrij Muratov aver vinto il premio Nobel per la pace nel 2021 per riuscire a salvare il suo giornale, che era nato nel 1993 e si era guadagnato la fama di fonte ineccepibile e onesta, specializzata nel giornalismo d’inchiesta, con 4 milioni e mezzo di lettori del cartaceo, e oltre 27 milioni di contatti sul sito e i social.

È difficile immaginare cosa voglia dire sigillare un intero paese dentro lo spazio chiuso della propaganda di Stato. Il 22 marzo il Roskomnadzor ha inviato un primo richiamo al giornale, a causa di un articolo che non portava la dicitura «agente straniero»; quello stesso giorno Muratov ha messo in vendita la medaglia del premio Nobel per devolvere i soldi ai profughi ucraini. Il 28 marzo è arrivato il secondo richiamo e la redazione non ha avuto altra scelta che sospendere le pubblicazioni fino «al termine dell’operazione speciale in Ucraina», perché un terzo richiamo avrebbe significato il ritiro della licenza.

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