È degno

chirotoniadi MANUEL NIN

Il 26 ottobre 1937, con la bolla Apostolica Sedes, Papa Pio XI creava l’eparchia di Piana dei Greci per i fedeli di rito bizantino della Sicilia. Quattro vescovi si sono succeduti fino ai nostri giorni: Giuseppe Perniciaro (1967-1981, benché abbia amministrato l’eparchia già dal 1938); Ercole Lupinacci (1981-1987), Sotir Ferrara (1988-2013) e Giorgio Demetrio Gallaro, ordinato vescovo lo scorso 28 giugno. L’ordinazione è stata divisa in due momenti.
Sabato, nella chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio di Palermo, concattedrale dell’eparchia bizantina e dal 1943 sede della parrocchia di San Nicolò dei Greci alla Martorana, c’è stata la celebrazione del vespro nella quale il vescovo eletto Giorgio Demetrio ha pronunciato la sua professione di fede. Erano presenti il cardinale Paolo Romeo, per due anni amministratore apostolico di Piana degli Albanesi, e i tre vescovi ordinanti: Donato Oliverio di Lungro, Dimitri Salachas di Atene e Nicola Samra di Newton, negli Stati Uniti. Dopo il lucernario con l’ingresso del vespro, il primo vescovo ordinante ha chiesto per tre volte all’ordinando qual è la sua professione di fede. L’eletto, in piedi sopra un tappeto in cui è rappresentata un’aquila (simbolo del ministero di cura e di veglia che il vescovo, come l’aquila che sorveglia dall’alto la nidiata, dovrà esercitare sul suo gregge), ha confessato la sua professione di fede davanti ai vescovi e davanti alla Chiesa che lo accoglie. Tre sono le professioni di fede proclamate dall’eletto: la prima è il credo niceno costantinopolitano; la seconda è una professione di fede molto più dettagliata, in cui si sviluppano aspetti trinitari e cristologici; e la terza sviluppa ancora di più diversi punti cristologici per quanto riguarda l’incarnazione del Verbo di Dio. La mattina del 28 giugno, nella cattedrale di San Demetrio Megalomartire a Piana degli Albanesi, è stata celebrata la Divina Liturgia e l’ordinazione episcopale. Il corteo del clero e dei fedeli è partito dalla chiesa di San Nicola e dall’episcopio si è avviato in processione verso la cattedrale. Oltre ai vescovi citati in precedenza, erano presenti l’e p a rc a emerito di Piana degli Albanesi, Sotir Ferrara, e diversi vescovi orientali cattolici dell’Europa, tra cui Fülöp Kocsis, metropolita di Hajdúdorog in Ungheria. Erano presenti inoltre l’O sservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite e altre organizzazioni internazionali, Silvano Maria Tomasi, l’abate del monastero di Grottaferrata, padre Michel van Parys, e chi scrive, rettore del Pontificio Collegio greco. In rappresentanza della Congregazione per le Chiese orientali, c’erano il sottosegretario, padre Lorenzo Lorusso, e padre Martin Mihal’. All’inizio della celebrazione il cardinale Paolo Romeo ha indirizzato un saluto alla Chiesa di Piana degli Albanesi che per due anni ha servito come amministratore apostolico, sottolineando l’importanza del momento dell’ordinazione e mettendo in evidenza la ricchezza di questa realtà cristiana ed ecclesiale. Nella tradizione bizantina, l’o rd i n a - zione episcopale avviene dopo l’i n g re s s o col vangelo, cioè prima delle letture della Sacra Scrittura, mentre quella sacerdotale avviene prima dell’anafora, e quella diaconale alla fine dell’anafora e prima della comunione, a indicare il ruolo che ognuno ha nella celebrazione della Divina Liturgia. Quest’ultima è iniziata nel modo normale, e fatto l’ingresso col Vangelo e cantati i tropari e l’inno Trisaghion, è stata letta la bolla papale di nomina del nuovo eparca. Quindi l’eletto, condotto al santuario accompagnato dai tre vescovi ordinanti, ha fatto tre giri attorno all’altare baciandone i quattro angoli, a indicare il vincolo e la piena configurazione del vescovo con Cristo di cui l’altare è simbolo. Mentre l’eletto ha compiuto i tre giri, si sono cantati i tropari dei martiri, degli apostoli e della Madre di Dio, cioè di coloro che hanno predicato con la loro vita, la loro parola e il loro sangue il Vangelo di Cristo e con lui sono stati pienamente configurati. Dopo il triplice giro all’altare, l’o rd i - nando si è genuflesso davanti all’altare e ha appoggiato su di esso le mani e la testa. Il primo dei vescovi ha aperto l’evangeliario e lo ha collocato dalla parte del testo sul capo dell’eletto; gli altri due hanno sostenuto l’evangeliario. Vengono quindi recitate dal primo vescovo le tre preghiere di ordinazione. La prima delle tre preghiere («La grazia divina che ha sempre guarito le debolezze e rimpiazzato le mancanze, ha designato il piissimo prete Giorgio Demetrio per essere vescovo della città di Piana degli Albanesi. Preghiamo per lui affinché venga su di lui la grazia dello Spirito Santo»), è una delle formule epicletiche più arcaiche presenti nella liturgia delle Chiese cristiane orientali. Seguono altre due preghiere in cui si chiede che il nuovo vescovo sia fortificato con la grazia dello Spirito Santo e sia «imitatore tuo (Cristo), di te che sei il vero Pastore che ha dato la sua vita per le pecore. Fa di lui una guida per i ciechi, una lucerna per coloro che sono nelle tenebre, un precettore per gli ignoranti, un pedagogo per i piccoli, una luce nel mondo». Finite le tre preghiere, anche i vescovi latini presenti sono passati a imporre le mani al già ordinato vescovo. Quest’ultimo è stato poi rivestito coi parati episcopali: il sakkos, sorta di tonaca con due maniche indossato dal vescovo nella tradizione bizantina; il grande omoforion, che è il parato liturgico a forma di grande e larga stola bianca che poggia sulle spalle del vescovo, scendendo in due fasce sul petto e sulla schiena fino alle ginocchia. È il parato liturgico vero e proprio, che lo identifica e lo mostra come vescovo, e sarà con l’omoforion che il vescovo nelle ordinazioni impone le mani su coloro che vengono ordinati diaconi, preti o vescovi. La sua simbologia è quella della pecora smarrita che il buon pastore si carica sulle sue spalle. Nelle tradizioni orientali si tratta di un simbolo cristologico, e viene imposto, consegnato unicamente al momento dell’o rd i - nazione episcopale. Quindi, l’epigonation (sorta di stoffa triangolare che cade sul ginocchio destro), la corona episcopale e il bastone pastorale, simboli del ministero del pastore verso la sua Chiesa, l’ultimo dei quali «bastone di appoggio e di sostegno…», «di correzione e di punizione…», come recita la preghiera che ne accompagna la consegna. Prima che i simboli vengano indossati il vescovo ordinante li mostra ai fedeli con l’acclamazione: axios (degno), a cui tutta l’assemblea con forza risponde all’unisono: axios, axios, axios, a indicare l’accoglienza che la Chiesa fa del vescovo che gli viene consegnato come pastore. Quindi la Divina Liturgia procede con le letture dell’apostolo e del Vangelo. Il vescovo ordinato diventa il primo celebrante, vero pastore che commenta ai fedeli la Parola di Dio. Alla fine della liturgia, celebrata sotto lo sguardo di Cristo, della Madre di Dio e dei santi rappresentati nei begli affreschi della cattedrale di San Demetrio, il neo eparca ha ringraziato tutti coloro che con la loro presenza e la loro preghiera hanno fatto corona al nuovo pastore della Chiesa di Piana degli Albanesi.

© Osservatore Romano - 30 giugno - 1 luglio 2015