Santi, beati e testimoni
“4 ottobre, San Francesco d’Assisi” Passato, presente e futuro di «Fratelli tutti»
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- Creato: 04 Ottobre 2021
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«Il valorosissimo soldato di Cristo passava per città e castelli annunciando il Regno dei cieli, la pace, la via della salvezza, la penitenza in remissione dei peccati; non però con gli artifici della sapienza umana, ma con la virtù dello Spirito (1 Corinzi, 2, 4) [...]. Uomini e donne, chierici e religiosi accorrevano a gara a vedere e a sentire il Santo di Dio, che appariva a tutti come un uomo del mondo futuro. Persone di ogni età e sesso venivano sollecite ad ammirare le meraviglie che il Signore di nuovo compiva nel mondo per mezzo del suo servo».
Vita di San Francesco
di Tommaso da Celano
(n. 36: ff 382-383)
Tommaso da Celano, il primo biografo di san Francesco, lo chiama vir alterius saeculi, “uomo del mondo futuro”, mentre lo sorprende immerso tra persone di ogni genere ed estrazione sociale. Sin dall’inizio della sua conversione, il Poverello aveva oltrepassato proprio la linea che lo separava dagli altri, soprattutto dai lebbrosi: dall’altro come estraneo all’altro come fratello e prossimo. E in questo passaggio, veramente pasquale, Francesco transita dal suo “io” al “tu che diventa noi”; dalla distanza spaventata alla prossimità che acquista fiducia. Ed è proprio questo tipo di passaggio a permettere al giovane Francesco di posare uno sguardo nuovo sul volto del Cristo di San Damiano, come pure, reciprocamente, lo sguardo al Crocifisso gli permetterà uno sguardo nuovo al volto dell’altro. Il cammino per scoprire l’altro come prossimo e fratello apre una strada nuova alla fede e permette al giovane eremita, un po’ confuso, di cominciare a riconoscere la sua chiamata. Una realtà così nuova, che gli chiederà il travaglio della ricerca, insieme alla costanza dell’uscire da sé medesimo, per aprirsi a un incontro nuovo.
Proseguendo il cammino, Francesco diventa sempre più un uomo “fraterno”, possiamo dire “sociale”. Si fa accessibile a quanti lo cercano, si lascia incontrare, impara l’arte della relazione e quindi della comunione filiale. Il Poverello, infatti, non va verso l’altro/i come espressione morale della sua fede. Piuttosto è in quella relazione che gli viene incontro una luce nuova nel suo rapporto con il Signore.
Non è un caso allora che Francesco vorrà vivere a Greccio il Natale del 1223, per vedere con i suoi occhi la povertà nella quale il Signore Gesù volle nascere. L’incontro con l’altro e con l’Altro è sempre un mistero di povertà, come Francesco ha imparato bene lungo tutta la sua esistenza. Mistero di povertà è l’essere stesso di Dio, del quale frate Francesco dice con forza e dolcezza: «Tu sei umiltà!». Solo Dio può essere umile, perché Lui solo si china dinanzi a chi gli è inferiore; noi ci limitiamo a riconoscere di essere creature e non padroni dell’essere, della vita.
Non siamo padroni: eccoci finalmente al «vivere senza nulla di proprio» che è veramente il nucleo dell’intuizione evangelica di Francesco: nulla è nostro se non i vizi e i peccati, mentre il resto lo abbiamo ricevuto dal Donatore e siamo chiamati a restituirglielo attraverso tutta la nostra vita. Questo ci converte da padroni a fratelli, da solitari a esseri di comunione. È il passaggio dall’“io” al “noi”.
Perché Francesco è uomo di un mondo diverso, alternativo, nuovo, nel senso di ciò che è eterno? Proprio perché «si liberò da ogni desiderio di dominio sugli altri, si fece uno degli ultimi e cercò di vivere in armonia con tutti» (Fratelli tutti, 4). Francesco resta contemporaneo a ogni generazione per questo nucleo vivente della sua realtà umana e cristiana, e lo è soprattutto al nostro tempo «affinché, di fronte a diversi modi attuali di eliminare o ignorare gli altri, siamo in grado di reagire con un nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale che non si limiti alle parole» (Fratelli tutti, 6).
Come frati minori accogliamo da Papa Francesco questa lettura rinnovata di Francesco e ce ne sentiamo provocati nei tanti luoghi in cui rispondiamo alla chiamata a essere artefici di riconciliazione, di pace e di dialogo. Penso alle tante terre dove i frati da ottocento anni vivono tra persone di fede musulmana, promuovendo incontro ed educazione per tutti, così da creare le basi per l’avvicinamento e il riconoscimento reciproco. Così i frati minori sono presenti tra culture e religioni antichissime, partecipando a luoghi aperti di riunione e di preghiera, come gli Ashram in India. Presenti in luoghi di frattura quali campi profughi e fraternità che accolgono migranti e poveri, disabili e persone private dei loro diritti in tanti modi, quindi in diverse periferie di queste società che escludono sempre di più, i frati rispondono al dono di essere fratelli. Presenti in Paesi dove altre confessioni cristiane sono maggioritarie, i frati sperimentano l’essere fratelli e minori come il modo proprio, carismatico e possibile di essere fratelli di tutti.
Presenti in aree del mondo segnate da immense violenze ed esclusioni etniche e sociali, i frati possono scoprire ancora di più la loro chiamata ad accompagnare molti in percorsi di guarigione delle ferite, verso una pace più profonda e duratura. Presenti tra persone e famiglie che soffrono oggi in modi differenti per divisioni ed esclusione, i frati cercano di accompagnare percorsi di rigenerazione personale, familiare e comunitaria.
Tutto questo non è immune da fragilità e fatiche. Molto spesso come fratelli riconosciamo anche al nostro interno il virus dell’anti-fraternità, che assume tanti volti. È proprio l’esercizio quotidiano della vita fraterna a smascherare il nostro istinto di voler essere padroni e non fratelli e servi, anzitutto tra noi e verso tanti altri. Impariamo a riconoscere il dono che tutti sono fratelli e sorelle quando possiamo aprire «uno spazio di corresponsabilità capace di avviare e generare nuovi processi e trasformazioni» (Fratelli tutti, 77). Da Francesco a Francesco, sino al nostro oggi come francescani: un cammino perché tutti possiamo scoprirci fratelli e sorelle e imparare insieme a diventare lievito di fraternità per molti.
di Massimo Fusarelli© Osservatore Romano